Padre Domenico Arioli in Niger

Padre Domenico Arioli racconta il dramma di milioni di africani causato dai terroristi nigeriani


L’intervento della Fondazione Graziella – Angelo Gori in Niger ha regalato tante storie di speranza e tanti sorrisi. La onlus aretina si è impegnata nello stato africano per sviluppare l’assistenza sanitaria, diffondere l’uso di nuove tecniche produttive e promuovere una scolarizzazione di base, permettendo di inaugurare nel comune rurale di Dosso un grande complesso educativo con una biblioteca, una scuola di taglio e cucito, una scuola di legatoria artigianale, una sala polivalente per conferenze e proiezioni, e una connessione ad internet. Questo centro, concretizzato grazie all’appoggio del missionario padre Domenico Arioli e di don Davide Scalmanini, ha aperto prospettive di occupazione e di futuro per le vite di tanti giovani nigerini. Questa flebile luce è ora però offuscata da una più serie minaccia che sta sconvolgendo il Niger e gli stati vicini, in primis la Nigeria, ma anche Ciad e Camerun: la sempre più rapida e sempre più violenta avanzata del terrorismo di matrice islamica di Boko Haram che ha ormai preso possesso di aree sempre più vaste fino ai confini del lago Ciad. Questa feroce e sanguinaria organizzazione, nata nel 2002 e guidata dal nigerino Abubakar Shekau, utilizza la violenza per seminare il panico e la tensione attraverso attentanti contro civili in cui hanno già perso la vita oltre 10.000 persone, indistintamente di ogni religione e di ogni estrazione sociale. L’azione omicida ha trovato il proprio apice nella notte in cui a Parigi si verificò l’attacco alla redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo”, quando Boko Haram provocò in contemporanea la morte di migliaia di persone nel nord-est del Paese, colpendo soprattutto donne, bambini e anziani. Questa azione, portata avanti prevalentemente in Nigeria, ha però avuto come più grave conseguenza la fuga di oltre un milione e mezzo di persone che hanno lasciato sempre più territorio e risorse nelle mani dei terroristi sfruttando la debolezza e l’instabilità del governo locale, l’azione di Boko Haram è motivata da un obiettivo politico ed economico, con l’ambizione di conquistare le tante risorse di cui il Paese gode: basti pensare che la Nigeria è l’ottavo produttore di petrolio al mondo e il primo dell’Africa. Il controllo e la rapina delle materie prime, dal petrolio all’oro, è dunque ciò che anima l’azione di questo gruppo e degli stati che ne assecondano gli interessi e ne sostengono l’operato. Una delle conseguenze umanitarie più drammatiche è l’immigrazione dei nigeriani verso l’Europa e verso gli stati adiacenti. Il furto di risorse cancella infatti ogni prospettiva di vita e limita l’azione dello stato che non può più assicurare l’istruzione, la sanità e le più basilari politiche sociali, lasciando la fuga come unica soluzione. Di questa crisi ne è testimone quotidiano lo stesso padre Domenico che, dalla propria missione a Dosso che accoglie bambini e sieropositivi, assiste impotente alla processione di nigeriani che lasciano il loro Paese e che attraversano il Niger. Migliaia di loro passano al fianco della missione con grandi taniche d’acqua per attraversare il deserto, primo grande ostacolo prima del Mediterraneo, ed è proprio in questo grande mare di sabbia che in molti perdono la vita e vengono dimenticati. Padre Domenico e gli altri operatori provano spesso a fargli cambiare idea, ma nulla riesce a scalfire il “sogno europeo” motivato dalla disperazione. A volte succede anche il contrario, cioè che alcuni tornino indietro e ripassino dalla missione affamati, distrutti, senza soldi e documenti, chiedendo un aiuto per tornare nel loro Paese. L’operato di padre Domenico certamente non può assicurargli un futuro e garantirgli un grande aiuto, ma rappresenta un prezioso presidio per provare a tenere accesa, tra tantissime minacce, una piccola e flebile speranza di futuro.